“L’incredibile viaggio di Sonia”
Sonia Glarey / Italia
Seconda donna al traguardo, al suo primo TDG
Il Tor des Géants per me era un sogno da realizzare.
Mi sono messa alla prova cercando di viverla come una grandissima esperienza, per ‘portare a casa’ tutto il meglio del Tor: i sorrisi, la condivisione di alcune tappe con gli altri atleti, il sostegno della mia famiglia e della gente lungo il percorso.
Conoscermi meglio: i miei limiti e le mie possibilità. Questo mi ha dato il TDG. Oltre ad avermi donato affetti e momenti unici.
Come quando ho trovato mio fratello Sandro ad aspettarmi al Cuney e abbiamo corso un pezzetto di Tor insieme, oppure mia sorella Laura che, a sorpresa, era alla base vita di Donnas per me. Nonostante i bimbi piccoli è riuscita a organizzarsi ed era lì solo per me. Il suo esserci è stato un messaggio forte di incoraggiamento e sostegno.
Sonia è una delle eroine del Tor e, come molti dei partecipanti, è una persona con una marcia in più, ma ‘normale’. Trasparente e speciale. Valdostana di Cogne, da sempre, è la seconda di tre fratelli. Ora vive a Ivrea, dove gestisce un’erboristeria.
Ma resta di Cogne… tanto che quando, correndo il Tor, ha varcato i confini del suo paese ad accoglierla c’era uno striscione a lei dedicato, fatto dai bambini della scuola.
Che emozione. Non me l’aspettavo.
Un ringraziamento speciale lo devo ai miei amici di corse. Insieme ci siamo allenati durante l’estate, su percorsi diversi e su alcuni tratti delle Alte Vie. Il Tor è fondamentale per riscoprire questi percorsi valdostani non così scontati, né come percorsi da escursionismo, né come tradizione d’allenamento.
Durante il Tor, oltre a vivere incredibili attimi di esaltazione e gioia, si soffre. Ci sono momenti in cui sentiamo di non riuscire più ad andare avanti: la testa inizia a creare pensieri negativi e bisogna essere davvero motivati e mantenere l’entusiasmo al massimo.
È allora che si capisce quanto sia importante avere qualcuno vicino. Fulvio, il mio compagno, dopo il lavoro, di notte, veniva a cercarmi nelle basi vita o in qualche ristoro, pronto a sostenermi, a distrarmi dalla fatica e incoraggiarmi con pensieri positivi, quelli ‘buoni’, che ti salvano. Così riuscivo a riaffrontare la gara con decisione e riprendere la mia corsa con spirito leggero.
I tratti più duri del mio Tor? Sicuramente da Donnas al Coda. Vedi delle luci in lontananza, ti sembra che il Coda sia lì e invece… non arriva mai. Ma anche il nuovo tratto da Pont-Saint-Martin a Perloz: una lunga deviazione a gradoni. Ha lasciato “senza gambe” molti di noi. Una maledizione condivisa.
Molto belli, invece, per me, i tratti da Valtournenche a Oyace e da Rhemes fino a Cogne (da fare, però, di giorno) e dal Coda a Gressoney. E la parte più noiosa? Diciamo un po’ meno esaltante da Saint-Rhemy fino all’imbocco del Malatrà.
E a proposito di Malatrà: penso che quest’anno gli organizzatori abbiano fatto benissimo a chiudere il Colle e non far passare gli atleti da quell’infernale tormenta. Ci sono state molte polemiche. Io ho valicato il colle nel primo pomeriggio, era il momento migliore... ma ho pensato che nella notte le condizioni sarebbero peggiorate e quel punto sarebbe diventato troppo pericoloso. Perciò, condivido appieno la scelta dell’organizzazione. La sicurezza in gara è sempre e comunque la cosa più importante.
Io sono un’autodidatta della corsa. Ho iniziato a correre seriamente cinque anni fa, per ‘ossigenarmi’, come svago e divertimento: prima con corse locali in montagna, poi con un gruppo di amici è nata l’idea di fare trail. Da quest’anno sono entrata a far parte del Team Lafuma Italia e mi sono trovata bene. Ripeterò l’esperienza.
Sicuramente ho dei limiti, ho ancora molto da imparare e ‘limare’. Ma questo 2012 per me è stato molto positivo: Prima al Gran Trail Valdigne e Seconda al TDG.
Sono soddisfazioni, atletiche e personali.
Scardinare la quotidianità che c’incatena, questo è il merito del Tor.
Una gara genuina, che spero rimanga così: spirito unico e incredibile coinvolgimento.
È anche il “mio” Tor e ne vado orgogliosa.
Intervista di Sara Annoni,
28 novembre 2012