IMPRESSIONI DELLO SCRITTORE 2019 | SARASSO AL TOR 2019
DAY 8 – VENERDì 13.09.19
Guendalina me l’ha scritto: “Ciao, Simone! Non fare troppo tardi se domani hai la gara! Ci sentiamo quando hai finito di correre. Forza forza forza!”
Son le due meno tre minuti, e sto battendo sui tasti.
Là fuori una luna incredibile è pronta a salutare gli ultimi eroi sul Malatrà.La sveglia suona tra meno di quattro ore, e domani si corre.
“Che ci fai ancora in piedi?” domanda la vocina dell’angioletto sulla spalla destra.“Vivo” risponde il diavoletto.
Già, perché al TOR puoi fare tutti i programmi che vuoi, ma tanto non sai mai come andrà a finire.E se una giornata come quella di oggi ti esplode in faccia, non c’è niente che tu possa fare per evitare le schegge. Puoi solo benedirle, una per una.
Venerdì di sorprese infinite, signori e signorine.Ma andiamo con ordine.
Sveglia nemmeno troppo presto (erano le otto o giù di lì) nei dintorni di Saint Vincent, colazione in quel bar che mi piace tanto e pieno di gasolio, che ci sono ancora un sacco di chilometri da fare.Volo radente al supermarket per comprare sacchetti di plastica, fazzolettini e altre amenità di cui non si può fare a meno in gara (l’esperienza, seppur moderata, alla fine qualcosa insegna) e sbarchiamo a Saint Rhemy.
Ci sono alcuni posti del TOR (e, di conseguenza, della Valle) che ti rimangono nel cuore più di altri.E Saint Rhemy è di sicuro tra questi. Merito della gente, si capisce.
Degli amici, soprattutto. Qui vivono Avirex e David, che per Mien sono come fratelli.E dunque la prima tappa è per forza in Base Vita, dove loro son piazzati in pole position dall’ora di pranzo.
Sole, infinite birrette (per loro, coca per me) e incontri interessanti.Salutato da una folla di applausi fa il suo ingresso in paese un Senatore del TOR: questo signore basco, che di mestiere fa il camionista, è uno degli ultravalorosi ad aver preso parte a tutte le edizioni della gara.
Arrivando fino in fondo nel tempo regolamentare, naturalmente.È un tipo schietto e generoso, e ci mette poco a sedersi insieme a noi a far ballotta con un paio di birre crude in mano.
Mi racconta del suo “TOR alternativo”, e tutti rimaniamo ad ascoltare in rispettoso silenzio.Parla spagnolo, ovviamente, ma non importa.
È un po’ come quando i miei amici comunicano tra di loro in patois: all’inizio non capisci, ma poi sì.E anche questa è la magia del TOR: non esistono barriere linguistiche o culturali. Non esistono pudori o imbarazzi. Se qualcuno ha bisogno, tutti fanno a gara per aiutarlo.
Stare insieme è essenziale: è la parte fondamentale di questa magica storia.E ci si capisce sempre.
Ma non divaghiamo.Il TOR alternativo del Senatore, dicevamo: era l’anno in cui, per colpa delle neve, la gara fu fermata anzitempo.
Lui, insieme a un manipolo di valorosi, capitò all’ora della colazione al Merdeux, e fu accolto dallo strepitoso Fulvio (autentica leggenda del TOR). Qualcuno domandò timidamente del caffè, ma Fulvio mise in tavola una selezione di tutto rispetto di fontine, accompagnate da una bottiglia di bianco.Vinto l’imbarazzo del primo dito di vino, il Senatore – insieme al resto della combriccola – si fece sotto, e la festa ebbe inizio. Trascorse alcune ore (decisamente felici), e il conteggio dei “morti”, alle quattro di pomeriggio, parlava chiaro: cinque bottiglie di bianco e nove di liquori (per digerire, si capisce).
La colazione dei campioni.Verso le quattro del pomeriggio, il Senatore e il resto dei valorosi furono riaccompagnati con una Willis al pullman che li attendeva a fondo valle per riportarli a Courmayeur (a momenti li davano per dispersi).
Per onore di cronaca va detto che non per tutti la discesa fu indolore. Un concorrente francese dallo stomaco delicato costrinse il conducente dell’ardito mezzo pressoché privo di sospensioni a ripetute soste per… be’, sono certo che abbiate capito.Il Nostro, invece, giunse a destinazione parecchio divertito, e smontò dalla Willis per salire sulla navetta appena in tempo, con un gran bel sorriso stampato sulla faccia.
Quando il resto dei “recuperati” sul pullman gli domandò come avesse trascorso le ore di stallo, il Senatore si limitò ad alzare le spalle: “Abbiamo fatto un TOR alternativo”.Decisamente indimenticabile.
L’eroe basco riparte da Saint Rhemy per andare a chiudere la sua decima impresa di fila, e noialtri pelandroni ci godiamo ancora un po’ il sole, finché Mien e io non filiamo a prendere possesso della nostra casetta. È spersa nei boschi, e il richiamo dei sassi è troppo forte per non ascoltarlo: m’infilo le scarpette e mi lancio all’esterno. Cinque chilometri e 150 metri di dislivello, giusto per scaldare le gambe.Prima di cena passiamo a casa di Avirex a dare un bacio alla sua mamma e a rubarle un Lindor.
Poi ci precipitiamo in Base Vita perché il GPS segnala Lillo in entrata ma, quando arriviamo, il gigante di Novara Che Corre è già filato via. Dopo aver sbranato un piattone di polenta al sugo, ça va sans dire.Benny è in viaggio, ancora lontana: la pensiamo, si capisce, ma un certo languore ci ricorda che le otto son passate da un pezzo.
Non resta che andare a cena.Tra un piatto di affettati e uno stufato di selvaggina, conosciamo Erica.
È nata a Roma da padre italiano e madre giapponese.Fa un mestiere magico e curioso. È nella troupe che da cinque giorni sta girando la Valle d’Aosta per raccogliere e filmare storie locali. Queste storie verranno montate e commentate fino a costituire una serie di documentari da 45 minuti che verranno trasmessi alla TV giapponese, registrati su DVD e visti da migliaia di spettatori del Sol Levante. Erica ci dice che questa mattina alle quattro si è alzata, insieme al resto della crew, per salire in quota ed assistere alla mungitura delle mucche e al pascolo delle pecore.
Erica non sa nulla del TOR: lei e la sua banda ci sono semplicemente inciampati, di passaggio a Bosses.Naturalmente, è incuriosita e affascinata.
Glielo dico senza peli sulla lingua: “Il TOR è magico. Te ne innamorerai”.A giudicare da come mi guarda, credo che tornerà presto da queste parti a immortalare il coraggio degli eroi in frontale e bastoncini.
Torniamo in Base Vita appena in tempo per ricevere un meraviglioso regalo.Silvana Favre, la “mia” Silvana, che ho seguito durante tutta l’edizione del 2017 e che ho visto diventare la più giovane finisher della storia della competizione, sta per ripartire.
Mi rimprovera, perché in tutti questi giorni non ci siamo mai incrociati.Ha ragione: il TOR e le sue storie mi hanno travolto, e portato altrove.
Mea culpa. Mea maxima culpa.Le do un bacio sincero e le auguro buon viaggio.
Nei suoi occhi c’è la luce di sempre, perfino più brillante del solito.Assomigliano a quella luna infuocata d’argento che ci sovrasta.
Tra poche ore si ritirerà per lasciare spazio a un sole che ho una maledetta voglia di sentire sulla pelle.Tra poche ore tocca a me, a noialtri “trentini” affrontare il colle simbolo di tutto il TOR.
Non so se e come arriverò al traguardo, ma una cosa è certa: mi godrò ogni istante.Fino all’ultimo passo.
Ciao, TOR.Buonanotte e buongiorno.
Ci si vede domani a Courmayeur per far festa come si deve.Comunque vada, sarà stato un gran viaggio.